
MARZO
2019
Legittimo l'accertamento doganale motivato sull'invalidazione di un certificato doganale di origine da parte del Paese emittente
Con la recente sentenza n. 2148 del 25 gennaio 2019, la Suprema Corte ha ribadito il proprio l’orientamento secondo il quale, in tema di tributi doganali e con riguardo alla pretesa di recupero dei dazi preferenziali non versati, il certificato di origine delle merci (nella specie Eur 1), emesso dalle autorità del Paese di esportazione, costituisce titolo di legittimazione esclusivo per esercitare il diritto di fruizione dello specifico regime doganale previsto in relazione all’origine del prodotto, ma non ha efficacia di “prova legale assoluta” dell’effettiva origine della merce importata dal Paese terzo che ha emesso il certificato, attesa, da un lato, l’assenza di obblighi di controllo in capo al Paese terzo, e, dall’altro, la possibilità, per il Paese importatore, in presenza di ragionevoli dubbi, di contestare l’effettiva origine del prodotto importato e rifiutare, indipendentemente dalla regolarità formale del certificato, l’applicazione dello specifico regime doganale.
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Alla luce di tale principio, la Suprema Corte ha affermato che ai fini della motivazione dell’avviso di rettifica è sufficiente che l’Amministrazione finanziaria dia conto nel provvedimento impositivo dell’invalidazione, da parte dell’autorità emittente, di detto certificato, essendo superflua l’indicazione delle ragioni che hanno condotto alla menzionata invalidazione.
Tale sentenza precisa, tuttavia, che le ragioni dell’invalidazione non attengono al profilo motivazionale dell’avviso di rettifica, ma all’onere probatorio incombente sull’Amministrazione finanziaria, che nel caso di specie era stato assolto dall’Agenzia delle dogane nel corso del giudizio.