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MAGGIO

2018

La prima sentenza della Suprema Corte in materia di dazi sulle royalties delude le aspettative

La Suprema Corte, con sentenza 6 aprile 2018, n. 8473, si è pronunciata per la prima volta sull’applicabilità dei dazi doganali sui diritti di licenza (royalties), nelle ipotesi in cui l’importatore corrisponda diritti di licenza in relazione alle merci importate.

In particolare, il caso al vaglio della Corte riguarda tutte le società che importano da fornitori terzi beni per i quali vengono corrisposte royalties. Generalmente in tali casi sussistono due diversi rapporti contrattuali:da un lato, il contratto di fornitura internazionale di beni tra l’importatore e il produttore/fornitore; dall’altro, il contratto di licenza e utilizzo del marchio tra l’importatore (licenziatario) e il soggetto titolare della licenza (licenziante).

La vertenza trae origine dalla rettifica dell’Agenzia delle dogane di diverse dichiarazioni doganali, in quanto l’importatore non aveva addizionato al valore in dogana delle merci i corrispettivi che lo stesso era tenuto a versare al titolare dei diritti immateriali dei quali era licenziatario, nella misura prevista dal relativo contratto di licenza.

Nei primi due gradi di giudizio i giudici di merito hanno annullato integralmente gli atti impositivi della Dogana, ritenendo non dovuti i dazi sulle royalties, l’Iva all’importazione, nonché le sanzioni.

La Suprema Corte, al contrario, con una sentenza molto dettagliata, ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle dogane, affermando importanti principi in materia di dazi e Iva.

Con riferimento ai dazi, la Corte di legittimità, in accoglimento del ricorso in Cassazione dell’Agenzia delle dogane, ha ritenuto applicabile al caso di specie il seguente principio di diritto “In tema di diritti doganali, ai fini della determinazione del valore in dogana di prodotti che siano stati fabbricati in base a modelli e con marchi oggetto di contratto di licenza e che siano importati dalla licenziataria, il corrispettivo dei diritti di licenza va aggiunto al valore di transazione, a norma dell’art. 32 c.d.c., come attuato dagli artt. 157, 159 e 160 d.a.c., qualora il titolare dei diritti immateriali sia dotato di poteri di controllo sulla scelta del produttore e sulla sua attività e sia il destinatario dei corrispettivi dei diritti di licenza”.

Nella fattispecie, la Suprema Corte ha ritenuto sussistenti le tre condizioni cumulative (i diritti di licenza non sono stati inclusi nel prezzo effettivamente pagato; i diritti di licenza si riferiscono alle merci da valutare; l’acquirente è tenuto a versare tali diritti di licenza come condizione della vendita delle merci da valutare), in presenza delle quali l’importatore deve addizionare al valore doganale delle merci l’importo dei diritti di licenza.

In particolare, per quanto concerne il requisito della condizione di vendita, la Suprema Corte ha accertato che, nel caso in esame, sulla base di un’analisi dei rapporti contrattuali tra il venditore (o la persona a esso legata) e l’acquirente, l’assolvimento dei diritti di licenza ha rivestito un’importanza tale per il venditore che, in difetto, quest’ultimo non sarebbe stato disposto a vendere.

Con riferimento all’Iva, la Cassazione ha espressamente affermato che “la qualificazione dei diritti di licenza come condizione di vendita non può che riverberarsi sulla base imponibile dell’Iva”.

Pertanto, nel caso di specie, l’importatore dovrà corrispondere l’Iva sui maggiori dazi dovuti per effetto dell’inclusione delle royaltiesnel valore in dogana delle merci.

La Cassazione ha, altresì, ribadito che, qualora l’importatore abbia già assolto l’Iva tramite il meccanismo contabile dell’inversione contabile (reverse charge), come nella fattispecie in esame, tale modalità di assolvimento “elide la pretesa impositiva corrispondente, ma non elide la maggior pretesa concernente la maggiore Iva scaturente dalla base imponibile aumentata dell’importo dei corrispettivi dei diritti di licenza”. 

Con tale precisazione, la Suprema Corte ha ribadito il principio in base al quale il meccanismo contabile del reverse chargenon configura di per sé un congegno elusivo, ma un utile modo di assolvimento dell’Iva all’importazione (Corte di Giust., 17 luglio 2014, n. C-272/13, Equoland).

Anche con riferimento alle sanzioni, i Giudici di legittimità hanno accolto il ricorso dell’Agenzia delle dogane, rinviando alla Commissione tributaria regionale il riesame delle stesse.

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