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LUGLIO

2019

Solo il fornitore può chiedere il rimborso delle accise

La Suprema Corte, con la sentenza 4 giugno 2019, n. 15199, ha chiarito che in materia di accise sull’energia elettrica il soggetto passivo del rapporto tributario è solo il fornitore di energia, il quale è obbligato verso l’Erario al pagamento dell’accisa, nonché della relativa addizionale; il fornitore, pertanto, è l’unico soggetto legittimato a chiederne il rimborso.

 

La fattispecie oggetto della pronuncia in commento della Suprema Corte riguarda un diniego di rimborso delle somme relative alle addizionali sulle accise, corrisposte sui consumi di energia elettrica, notificato dall’Agenzia delle dogane a una società mantovana, impugnato dinanzi alla Commissone tributaria provinciale di Mantova, la quale ha accolto il ricorso, riconoscendo la legittimazione attiva della ricorrente in qualità di consumatore finale.

La Commissione tributaria regionale della Lombardia, al contrario, ha accolto l’appello dell’Ufficio e dichiarato inammissibile la domanda della contribuente, ritenendo insussistente la legittimazione attiva della stessa.

In tale giudizio, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso del contribuente, affermando il seguente principio di diritto: “Il rapporto tributario inerente al pagamento delle accise si svolge solo tra Amministrazione finanziaria e i soggetti che forniscono direttamente l’energia elettrica ai consumatori e rispetto a tale rapporto rimane del tutto estraneo l’utente o consumatore, tenuto a pagare al fornitore il prezzo dell’energia e con esso il costo delle accise e addizionali quale componente del prezzo di vendita dell’energia. Ove la rivalsa si riveli illegittima per insussistenza dell’obbligo di versamento della quota parte di prezzo relativa all’accisa o alla addizionale, il consumatore ha azione nei confronti del fornitore per illegittimo esercizio della rivalsa quale azione di ripetizione di quota parte del prezzo, ma non ha azione nei confronti dell’erario per l’imposta versata illegittimamtente dal fornitore”.

 

La sentenza richiama un precedente orientamento di legittimità, avente a oggetto la fornitura di gas metano, con il quale la Suprema Corte aveva statuito che “il rapporto tributario in materia di accise intercorre esclusivamente tra il fornitore del gas metano e lo Stato, là dove il rapporto tra il fornitore e il consumatore (o il subfornitore non autorizzato) è di natura contrattuale e si pone su un piano distinto rispetto a quello tributario. Emerge chiaramente dagli artt. 2 e 26 Tua che il titolare, dal lato passivo, dell’obbligazione tributaria di corrispondere l’imposta di consumo (nonché quella di fabbricazione), l’accisa in generale, dunque, è sempre e comunque il fabbricante ovvero l’intermediario che immette i beni al consumo nel territorio dello Stato (…) E’ dunque il fornitore a dover pagare l’imposta; in esito al pagamento, egli può riversarne l’onere mediante rivalsa. E non potrebbe essere diversamente, giacchè la caratterizzazione tipologica delle accise postula, per poter risultare efficace e garantire un gettito costante all’Erario la concentrazione del controllo su pochi soggetti, ossia i produttori o gli importatori dei prodotti. 

Per altro verso, la configurabilità della rivalsa come oggetto di un diritto e non come elemento connaturale e ineludibile della fisionomia del tributo esclude la configurabilità del rapporto di sostituzione d’imposta e, per conseguenza, l’autonoma rilevanza del sostituito ossia del consumatore finale. 

Le sezioni unite della Cassazione proprio con riguardo all’erogazione di gas metano hanno precisato che il rapporto tributario inerente al pagamento dell’imposta si svolge solo tra l’Amministrazione finanziaria e i soggetti che forniscono direttamente il gas metano al consumatore e ad esso è del tutto estraneo l’utente consumatore” (Cass., 6 agosto 2014, n. 17627; nello stesso, senso Cass., 19 settembre 2014, n. 19753).

 

Proprio con riferimento ai prodotti energetici, la Suprema Corte si era tuttavia pronunciata diversamente, estendendo la legittimazione al rimborso all’utente finale dei prodotti energetici. 

Tale orientamento si fondava sulla formulazione della disposizione generale in materia di rimborsi, art. 14, comma 2, Tua, secondo la quale “l’accisa è rimborsata quando risulta indebitamente pagata” senza specificazione dei soggetti legittimati, che per tale ragione possono essere tutti i soggetti che dimostrano di aver comunque pagato indebitamente l’imposta indiretta, anche a titolo di beneficiari di un’agevolazione, della quale altrimenti, non potrebbero mai chiedere il rimborso (In tal senso, Cass., 12 settembre 2008, n. 23518; Cass., 19 marzo 2009, n. 6589. Nello stesso senso, Comm. trib. reg. Venezia, 10 gennaio 2018, n. 26; Comm. trib. prov. Arezzo, 30 gennaio 2014, n. 5).

 

Le conclusioni espresse dalla sentenza in commento della Suprema Corte, che evidenziano la distinzione tra le due diverse azioni restitutorie esperibili, rispettivamente, dal fornitore e dal consumatore, chiariscono definitivamente anche in materia di energia elettrica la legittimazione alla richiesta di rimborso all’Agenzia delle dogane e dei monopoli del solo fornitore. 

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