
GENNAIO
2018
L'utilizzo dell'autotutela da parte della Guardia di Finanza
La Guardia di finanza è interventua per la prima volta sull’applicabilità dell’istituto dell’autotutela al processo verbale di constatazione, che rappresenta l’atto conclusivo dell’attività istruttoria dell’Amministrazione e ne compendia le risultanze finali, quando emergano elementi a favore del contribuente.
​
Nella circolare 1/2018 pubblicata il 4 dicembre 2017 la Guardia di finanza affronta il tema partendo dalla definizione di autotutela, ossia l’attività con cui la Pubblica Amministrazione provvede a risolvere i conflitti, potenziali o attuali, che insorgono con altri soggetti relativamente ai suoi provvedimenti o alle sue pretese. In particolare, l’autotutela è espressione di quella capacità che l’ordinamento conferisce a ogni Pubblica Amministrazione di riesaminare la propria attività, senza l’intervento dell’Autorità giudiziaria, mediante correzione o rimozione dei propri atti che riconsoca viziati sotto il profilo della legittimità o del merito.
​
La circolare evidenzia che l’autotutela è un istituto che trova il proprio fondamento nel principio di legalità e nel dovere di “neminen laedere” e che tale istituto può (anzi deve) essere esercitato anche in assenza di una norma attributiva espressa. La Guardia di finanza precisa che l’esercizio del potere di autotutela è circoscritto, in linea di principio, agli atti impugnabili dinanzi alle Commissioni tributarie, giacchè solo questi ultimi possono dare luogo a un contenzioso, che l’esercizio dell’atutotutela è volto a evitare o a interrompere, mediante l’annullamento o la riforma dell’atto illegittimo o infondato.
​
Il documento in esame pertanto afferma che, in linea di principio, non potrebbero essere assoggettati alla disciplina dell’autotutela in ambito tributario gli atti di esecuzione delle attività ispettive formati dai Reparti del Corpo, in ragione della loro natura endoprocedimentale e della loro inattitudine a produrre, in via autonoma e immediata, effetti giuridici pregiudizievoli per il contribuente al quale sono rivolti. Tuttavia, la Guardia di finanza richiamando i principi di imparzialità, correttezza e buona amministrazione, che devono caratterizzare l’agire della Pubblica Amministrazione e l’interesse generale alla corretta applicazione delle norme impositive, nonché il principio di leale collaborazione e buona fede, evidenzia che appare opportuno, se non necessario, che in caso di sopravvenuta conoscenza di elementi favorevoli al contribuente, questi siano considerati, approfonditi e comunicati all’Agenzia delle entrate, ai fine di non arrecare danni ingiusti al contribuente.
​
La Guardia di finanza conclude affermando che, qualora successivamente alla trasmissione del pvc agli Uffici impositori emergano nuovi elementi a favore del contribuente, i reparti dovranno provvedere in alternativa a: i) riaprire il pvc al fine di dare contezza dell’effetto che i nuovi elementi comportano sulla quantificazione della pretesa impositiva; ii) trasmettere all’Agenzia delle entrate la documentazione attestante i nuovi elementi favorevoli, dandone comunicazione al contribuente.
​
Tale obbligo di comunicazione sussiste anche qualora l’Agenzia abbia già notificato un atto di accertamento, al fine di consentire all’ufficio l’eventuale esercizio del potere di autotutela.