
DICEMBRE
2019
Il principio del ne bis in idem nel processo tributario
La Commissione tributaria provinciale di Taranto, con la recente sentenza 2 ottobre 2019, n. 1498, ha affermato che non è consentito al giudice tributario esprimersi due volte sulla identica pretesa, soprattutto allorquando lo stesso credito erariale sia già stato sottoposto all’esame di altro giudice, senza violare il principio del ne bis in idem che risponde a irrinunciabili esigenze di ordine pubblico processuale.
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Nello stesso senso si è recentemente pronunciata anche la Commissione tributaria provinciale di Milano, con sentenza 14 ottobre 2019, n. 4261, affermando in particolare che “Anche nel processo tributario trova applicazione il principio del "ne bis in idem", strettamente correlato alla necessità che non si giunga a conclusioni diverse e contrastanti rispetto alla medesima fattispecie”.
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In particolare, anche in ambito doganale è stata data applicazione al principio del ne bis in idem.
Al riguardo, la Suprema Corte, pronunciandosi in relazione alla formazione di un giudicato esterno, ha chiarito che “l’applicazione del giudicato esterno presuppone l’assoluta identità oltre che del petitum anche della causa petendi, in virtù del fatto che si verta in entrambi i giudizi del medesimo rapporto giuridico tributario; circostanza da escludersi nel caso di specie, ove si tratta di impugnazione di diversi provvedimenti impositivi relativi a differenti dichiarazioni doganali di importazione di merce e quindi attinenti a diversi rapporti tributari” (Cass., 31 maggio 2019, n. 14980).
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Conseguentemente, applicando a contrario il principio espresso dalla Suprema Corte, è evidente che, laddove i diversi giudizi riguardino le medesime importazioni, l’emissione di un nuovo provvedimento impositivo avente a oggetto le stesse, comporterebbe la violazione del principio del ne bis in idem e della certezza dei rapporti giuridici, permettendo all’Amministrazione di reiterare la medesima pretesa, pur in assenza di nuovi elementi, al solo fine di correggere i propri errori.
Sempre in materia doganale la Suprema Corte, con sentenza 2 ottobre 2019, n. 24535 ha affermato che “l’esistenza del giudicato esterno è, a prescindere dalla posizione assunta in giudizio dalle parti, rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del processo anche nell’ipotesi in cui il giudicato si sia formato successivamente alla pronuncia della sentenza impugnata, trattandosi di un elemento che può essere assimilato agli elementi normativi astratti, essendo destinato a fissare la regola del caso concreto; sicchè, il suo accertamento non costituisce patrimonio esclusivo delle parti, ma, mirando ad evitare la formazione di giudicati contrastanti, conformemente al principio del ne bis in idem corrisponde ad un preciso interesse pubblico, sotteso alla funzione primaria del processo e consistente nell’eliminazione dell’incertezza delle situazioni giuridiche, attraverso la stabilità della decisione (Cass. n. 16847/18)”.