
AGOSTO
2019
Legittima la procedura di revisione dell'accertamento azionata dal contribuente per ottenere il rimborso dei maggiori dazi versati
Con una recente sentenza (21 marzo 2019, n. 7976), la Suprema Corte si è pronunciata per la prima volta su una questione da sempre dibattuta tra gli operatori.
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Nel caso sottoposto ai giudici di legittimità, una società ha effettuato importazioni definitive a dazio pieno di alcune partite di merce, non avendo allegato alle dichiarazioni doganali i certificati di origine Form A necessari per fruire del trattamento daziario agevolato per i beni provenienti da Paesi in via di sviluppo.
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Essendo tali certificati pervenuti nella disponibilità dell’importatore soltanto alcuni giorni dopo il compimento delle operazioni doganali, quest’ultimo ha presentato istanza di revisione dell’accertamento, ex art. 78 c.d.c., vigente ratione temporis, allegando i certificati preferenziali per ottenere il rimborso dei maggiori dazi corrisposti all’importazione.
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L’Agenzia delle dogane ha rigettato la richiesta di rimborso della società, affermando che per poter usufruire del dazio ridotto avrebbe dovuto avvalersi della procedura di c.d. “dichiarazione incompleta”, di cui all’art. 76 c.d.c., vigente ratione temporis, e non già di quella di revisione dell’accertamento.
Il contribuente ha pertanto adito la Commissione tributaria che, sia in primo che in secondo grado, ha riconosciuto il diritto al rimborso dell’importatore.
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Nella fattispecie in esame, la Suprema Corte adita dall’Agenzia delle dogane, con sentenza 21 marzo 2019, n. 7976, ha rigettato il ricorso in cassazione, affermando che “nell’ipotesi in cui le merci rientrino in misure tariffarie preferenziali, stabilite dalla Comunità unilateralmente o mediante accordi con taluni Paesi membri, la domanda dell’importatore di applicazione di dette agevolazioni, in luogo dei dazi doganali ordinari può essere introdotta a posteriori finchè sussistono le condizioni richieste. (…) Ne discende dunque che con riferimento alla specifica ipotesi dei trattamenti tariffari preferenziali è eccezionalmente concessa all’importatore, in deroga alla regola generale, la possibilità di esibire la documentazione utile per la concessione del beneficio daziario anche dopo la dichiarazione di importazione, dalla quale nasce l’obbligazione doganale”.
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La Suprema Corte ha richiamato la distinzione, già evidenziata dalla giurisprudenza comunitaria (Corte di Giustizia, 27 settembre 2001, C-253/99), tra il certificato di autenticità, volto a ottenere un trattamento tariffario favorevole ai sensi dell’art. 21 c.d.c. (fondato sulla natura o la destinazione particolare di determinati beni), e il certificato di origine, necessario per conseguire un trattamento tariffario preferenziale (in ragione dell’origine e della provenienza particolare di un certo tipo di merce), concludendo che la presentazione di un certificato di origine prima dell’immissione in libera pratica della merce cui si riferisce non è una condizione preliminare per l’esistenza del diritto a un trattamento tariffario preferenziale.
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I giudici di legittimità hanno pertanto chiarito che “l’anteriorità dell’emissione dei certificati Form A rispetto alla data delle dichiarazioni doganali – circostanza peraltro accertata dalla CTR - non costituisce un elemento ostativo alla procedura di revisione ex art. 78 c.d.c., potendo quest’ultima originare da una incompletezza relativa agli elementi posti alla base della dichiarazione; ciò considerando che i documenti utili per la concessione del trattamento tariffario privilegiato possono essere esibiti dall’importatore anche dopo l’immissione della merce in libera pratica, finchè sussistono le condizioni richieste ex lege. In questo contesto normativo, la procedura della dichiarazione incompleta ex art. 76 c.d.c., con pagamento del dazio ridotto all’atto dell’importazione, rimane una facoltà del dichiarante che non esclude l’esperibilità della procedura di revisione ex art. 78 c.d.c., qualora si ravvisino – come nella specie – delle incompletezze relative agli elementi posti alla base della dichiarazione”.
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Si auspica, pertanto, che a seguito della suddetta pronuncia dei giudici di legittimità la Dogana riveda il proprio orientamento al riguardo, rimborsando, in casi analoghi, le somme richieste dall’operatore a seguito della presentazione dell’istanza di revisione dell’accertamento e non pretendendo il ricorso alla procedura della “dichiarazione incompleta” che, anche secondo i giudici di legittimità, rimane una facoltà dell’importatore.