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Documenti contabili

MARZO

2020

Sulla revisione a posteriori si pronunciano i giudici di merito

Con una recente sentenza 23 febbraio 2021, n. 144, la Commissione tributaria regionale di Genova si è pronunciata in merito a una fattispecie nella quale l’Ufficio, a seguito di una revisione a posteriori a istanza di parte, rigettava l’istanza, poiché non ha ritenuto “elemento nuovo” legittimante la revisione la sopravvenuta conoscenza di un certificato Eur 1 non presentato all’atto dell’importazione.

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In particolare, i giudici di secondo grado, confermando la decisione di primo grado, hanno affermato che deve ritenersi che la sopravvenuta conoscenza da parte dell’importatore di un certificato di Eur1 preesistente all’importazione costituisca “elemento nuovo”, legittimante la richiesta di revisione a posteriori.

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Tale pronuncia si conforma all’orientamento recentemente espresso sia dalla Corte di Giustizia, sia dalla Corte di Cassazione.

In particolare, la Corte di Giustizia con una recente sentenza, che peraltro coinvolgeva proprio la Dogana italiana, ha confermato che l’accesso alle revisioni e dunque ai rimborsi dei dazi è da intendersi in senso ampio, attivabile a norma del codice dell’Unione ogni qualvolta una dichiarazione doganale deve essere modificata perché presentata sulla base di “elementi inesatti o incompleti”.

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In particolare, la Corte sottolinea che i termini “elementi inesatti o incompleti” devono essere interpretati come comprendenti allo stesso tempo errori od omissioni materiali, ma anche errori di interpretazione del diritto applicabile, che possono intervenire sia in dichiarazione, sia in sede di primo controllo.

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Di conseguenza ad avviso dei giudici europei la Dogana non può respingere una domanda di revisione a posteriori del contribuente per il solo motivo che l’importatore non avrebbe contestato un controllo preventivo, costituito da una verifica fisica delle merci effettuata all’atto della loro importazione (Corte Giustizia, 16 luglio 2020, C-496/19).

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Anche la Suprema Corte, in due fattispecie analoghe, ha affermato che “ricorrono dunque le condizioni per il ricorso alla procedura di revisione di cui all’art. 78 c.d.c., non ostandovi la circostanza che la stessa è attivata sulla base di un documento non prodotto dalla contribuente (e conseguentemente non esaminato dall’Ufficio) benchè formatosi in epoca antecedente alla dichiarazione doganale, e a nulla rilevando il fatto che l’ordinamento prevede la possibilità per l’operatore di presentare nei limiti di cui all’art. 76 c.d.c. una cd dichiarazione incompleta con facoltà di integrazione della stessa consistendo questa in una facoltà rimessa alla parte, finalizzata all’immediata applicazione dei dazi nella misura ritenuta corretta, non preclusiva della diversa procedura, attivata nel caso in esame, del pagamento dei dazi nella misura piena ed esercizio del diritto alla restituzione dell’importo indebitamente versato previa istanza di revisione dell’accertamento” (Cass., 11 settembre 2019, n. 22661; Cass., 21 marzo 2019, n. 7976).

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